domenica 25 giugno 2023

Questa maledetta notte dovrà pur finire

E' da un po' che mi permetto un piccolo lusso, l'informazione di qualità che fornisce l'abbonamento digitale al Corriere.

Diverse newsletter molto curate si aggiungono al sito in cui oltre alle notizie si rinvengono commenti di penne di primo livello e, frequentemente, interviste molto interessanti.

Ne è un esempio quella rilasciata per i suoi ottantanni da Roberto Vecchioni a Walter Veltroni (le cui attività a loro volta esemplificano come possa esistere una vita oltre e dopo la politica). 

Al racconto di episodi importanti della sua giovinezza e maturità si accompagnano, stimolate dall'intervistatore e arricchite da citazioni che Vecchioni propone con la sicurezza che può promanare solo da una personalità intellettuale di gran vaglia, varie riflessioni sul senso della vita, difficili da riassumere ma ricche di spunti da meditare.

Sugli errori: 
Gli errori sono sempre sugli affetti, mai sulle cose. Non mi importa nulla di aver vinto o no Sanremo. L’errore è sull’affetto sbagliato, non compreso o non dare nel momento in cui devi.
Sull'essere genitore:
«Corro nel tuo cuore e non ti piglio».
«È così per tutti i padri. Il mistero che c’è, dentro un figlio o una figlia, è soprattutto quando lo vedi fare cose che non sono nelle tue consuetudini, non sono comprensibili per il tuo essere novecentesco. Lasci fare, ma non capisci. Quello per un figlio è un amore incosciente, non riesci a comprendere perché, ma sai che devi amarlo, sempre».
Sull'importanza delle parole
«Non ci sono più le parole. Pasolini diceva che c’è una differenza tra progresso e sviluppo. Aveva ragione, la forbice si è allargata, sempre di più. Dal punto di vista dello sviluppo può darsi che noi si stia entrando in una fase in cui la parola non serve più, sostituita da emoji, immagini, loghi, segni. Dal punto di vista del progresso siamo alla frutta, se perdiamo la meravigliosa bellezza delle parole. Perché le sfumature, le intercapedini che esistono tra una parola ed un’altra, il prisma di colori che esse contengono, sono decisive per l’intendimento dell’anima. L’anima non è un monolite, ha bisogno di tante sfumature per essere all’altezza della persona che incontri. Ogni parola racconta un’intenzione. Non esistono equivalenze, né in poesia né in letteratura. La parola è una, quella devi usare; se ne scegli un’altra sbagli, confondi il pensiero di chi ti è vicino e non ti racconti come vorresti».


Un inno alla vita:
Sogna, ragazzo sogna
Non cambiare un verso della tua canzone
Non lasciare un treno fermo alla stazione
Non fermarti tu

Più forte di dolore più grande, la perdita del figlio, di cui trova la forza di parlare. 

Anche perchè...
Sogna, ragazzo, sogna
Passeranno i giorni
Passerrà l'amore
Passeran le notti
Finirà il dolore
Sarai sempre tu

Si avvicina la fine, anche se a ottantanni "ti viene l'idea che tu non morirai".
Quella canzone finisce con «Ti ho lasciato un foglio sulla scrivania / manca solo un verso a quella poesia puoi finirla tu». Proviamo a chiuderlo.
«E se non riesci a finirla passala a quello dopo di te».

sabato 10 giugno 2023

Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia

 di Leonardo Sciascia


"Le cose sono sempre semplici", sostiene Candido Munafò, protagonista di questo racconto filosofico che del Candido di Voltaire è citazione, omaggio, direi una "cover".
Ma è il suo desiderio di nominare le cose con il loro nome a procurargli varie disavventure, che determinano gli episodi fondamentali della sua vita, e a far apparire questo giovane mite, testardo e riflessivo agli occhi del mondo, come un "piccolo mostro" (singolare coincidenza con il caso di cronaca di questi giorni: anche la madre lo chiama "piccolo mostro").
Il suo essere oltre che Candido realmente candido lo porta a trovare incomunicabilità tanto con le due chiese (quella reale e il PCI) quanto con la Sicilia, e a sentirsi a casa sua solo in una Parigi che sospetto essere la metafora della letteratura.
Ma è poi vero che le cose sono sempre semplici? Non è forse la complessità la cifra delle cose? Forse le cose di tutti giorni e la nostra realtà sono complesse, mentre per le grandi questioni deve alla fine trovarsi la bussola che indica la via e le rende semplici?
Mumble mumble.

Postilla: è una meraviglia la copertina dell'edizione di Adelphi. Con quella carta così morbida che ti sembra di accarezzare la pelle di un bambino, quel verdolino così elegante, quella foto che fa tanto labirinto borgesiano...

Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo

 di Marcello Veneziani


Mi sembrava interessante la chiave di lettura proposta da questo libro, nel declinare la scontentezza come tratto comune del nostro tempo.
Non ribellione verso un mondo da cambiare alla radice, non il narcisismo di cui tanto si parla, non infelicità, proprio la scontentezza, l'insoddisfazione di quello che siamo ed abbiamo.
Veneziani ritiene che la scontentezza sia indotta dal potere, che mentre nel passato contava sulla rassegnazione per ottenere pace sociale, ora generebbe di continuo nuovi desideri per alimentare nuovi consumi, dai quali renderci dipendenti.
A questa tesi aggiunge una fenomenologia della scontentezza (L'Occidente scontento, gli italiani arciscontenti, gli intellettuali scontenti) per chiudere (e chi l'avrebbe detto?) con la... fiamma che ci arde dentro.
Forse bastava un articolo di giornale. A parte qualche spunto brillante e le citazioni colte frutto delle molte letture di Veneziani, libro ridondante e poco convincente, opinione mia.

venerdì 9 giugno 2023

Il sonno della ragione e la generazione dei mostri

C'è un brutto fatto di cronaca, bruttissimo. 
Una donna al settimo mese di gravidanza uccisa dal compagno.
Il fatto di cronaca è purtroppo parte di un fenomeno che non si riesce a sconfiggere, anche se almeno ora della gravità della violenza sulle donne c'è consapevolezza.
Emergono particolari di vario genere, c'era un'altra, a suo modo anche lei tradita.
Scatta la generale caccia al dettaglio, inevitabile correlare lo spazio sui media alla pruderie derivante dal triangolo.
Il male sembra essersi concentrato in una persona, sospetto in molte cose non così diversa da tante altre, ma sulla quale è comodo e catartico coagulare il disprezzo e la condanna universale.
Persino la madre arriva a chiedere scusa: "ho generato un mostro".
Mi vengono in mente i genitori a bordo campo, concentrati sulle imprese del piccolo campione, i primi a sbottare in commenti negativi quando è lui a sbagliare un passaggio: siamo narcisisti al punto che dei nostri figli, come nostre proiezioni, viviamo successi e insuccessi come fossero nostri.
L'amore più completo, quello di una madre, dovrebbe portare ad abbracciare il figlio che ha compiuto il peggiore dei crimini, non a dargli del mostro per scacciare da sé l'ombra di quel crimine.
Ma davanti ad una telecamera (era proprio necessario?) più di quell'amore può forse quello verso se stessi, vero tratto distintivo del mondo di oggi.
Siamo noi, i mostri?

sabato 3 giugno 2023

Monte Freikofel

Finalmente riprendo le escursioni (2 giugno), visto il tempo incerto mi dirigo verso un obbiettivo non troppo impegnativo, anello del monte Freikofel da Timau come da guida Sentierinatura (Sentieri della memoria 10), sulle orme delle portatrici carniche.

 La prima parte nel bosco risulta invero difficoltosa perchè la traccia è devastata dagli alberi abbattutti, che devo continuamente scavalcare anche con difficoltà, e che a un certo punto fanno perdere il sentiero, che trovo più in alto risalendo il pendio.

Successivamente raggiungo in successivo la chiesetta a fianco del cimitero, la casera pal piccolo e quindi la sella in cui lascio il sentiero principale per arrampicarmi sulle pendenti pareti del Ferikofel. Ascesa facile aiutata da alcune cordicelle, il premio è la vista dalla cima che spazia dalla valle del but, alla Creta di Collina, alla valle austriaca oltre il Passo. Le installazioni militari sulla cima ricordano quelle del "gemello" Pal Piccolo, è piacevole soffermarsi un  più del solito per i panini, guardando il confine che corre verso il pal grande sullo spartiacque.

E' la strada che percorro per scendere, in breve oltrepassando diversi manufatti più o meno restaurati scendo al passo Cavallo, per poi deviare verso la casera "Pal grande di sotto" come da consiglio della guida. Dall'accogliente struttura la discesa si fa più semplice, nel bosco portandomi alla base presso "I Laghetti" in circa sei ore, tenuto conto di una pausa un po' più lunga del solito.

Chiesetta a fianco del vecchio cimitero
Chiesetta a fianco del vecchio cimitero


Trincee sulla cima. Sullo sfondo Pal Piccolo e,
carezzata dalle nubi, la Creta di Collina

La cima con le bandiere italiana e austriaca

La montagna dalla casera Pal grande di sotto

Casera Pal grande di sotto

Carta Tabacco 09, Sentiero CAI 401, 401a, 402, 402a, Dislivello 830m, Tempo indicativo: 6h (comprese soste), Difficoltà E, Altitudine min 920, Altitudine max 1750.