sabato 13 novembre 2021

La costruzione del Medio Oriente

 di Bernard Lewis


Libro di ampio respiro, nel quale la cultura dell'autore riesce a collocare i fatti che analizza nell'arco di fenomeni plurisecolari, fornendo un quadro di rara nitidezza.

Tre sono i leit motiv dell'opera, organizzata in capitoli cui viene premessa la definizione dell'area interessata nei suoi fondamentali elementi geografici, antropologici, storici.

Il primo è l'interpretazione del rapporto con l'Occidente, nel periodo di due secoli che segue l'avventura Napoleonica, come una vera e propria "terza conquista", dopo quella araba e quella turca, che pur non eguagliandole per durata e profondità, ha esercitato effetti considerevoli sia politici che sociali, di fatto riassumibili nella "costruzione del Medio Oriente".

La seconda è il rilievo fondamentale del ruolo che gli islamici attribuiscono alla religione. Diversamente che nella civiltà Occidentale, ove la religione è un sistema di fede e di culto, separato (e in epoca moderna di solito subordinato) rispetto alla collocazione nazionale e politica, l'Islam è una  religione totalizzante, che non accetta di ridursi a fede e culto privato e intende permeare l'intera organizzazione sociale e politica, imprimendo un marchio di identità che supera ogni altra forma di identità ideologica, politica o nazionale.

Con la crisi dell'impero ottomano, il rapporto con i popoli occidentali sino ad allora considerati (oltre che infedeli) barbari ed incolti, ha apportato rilevanti modifiche conseguenti all'importazione di tecnologia e metodi produttivi, tramutandosi in soggezione politica e militare con la creazione in luogo dell'unica autorità politica (accettata anche per il collegamento con il fattore religioso) di una serie di stati per lo più privi di radici storiche.

L'importazione di modelli politici e costituzionali, nonchè di valori estranei alla cultura mediorientale, è fallita proprio in ragione del costante riferimento alla comunità religiosa ed al sistema di valori sociali, egualitarismo e comunitarismo, ad essa (astrattamente) collegati.

Vengono analizzate nei vari capitoli, con riferimenti che ben illustrano l'erudizione di Lewis, le evoluzioni dei tentativi di importare i valori liberali e democratici, ma anche il concetto europeo di patria, evidenziando come essi (al pari delle diseguaglianze aumentate sul piano economico sociale, dopo la scoperta della ricchezza petrolifere) abbiano causato una profonda avversione nei confronti dell'Occidente, palesatasi con i movimenti ascrivibili al "socialismo arabo", al "nazionalismo etnico", e più recentemente al fondamentalismo islamico.

L'analisi di Lewis, finalmente, fornisce strumenti per comprendere le cause della "rivolta dell'islam", e e dare il giusto peso al fatto che il fondamentalismo è una lettura politica dell'Islam, non certo l'unica possibile, ma profondamente legata al sentire di larghi strati della sua gente.

Il terzo leit motiv, che si ritrova ove la trattazione dei singoli temi scende nell'analisi, è l'individuazione dei quattro "poli" dell'area (Egitto, Mezzaluna fertile, Altopiano iranico e penisola Anatolica) che si sono succeduti quali centri del potere politico, e la trattazione del loro rapporto come una costante della storia dell'area. 


L'ossimoro mancante

Quello che più ci manca, che più dobbiamo sforzarci di cercare, sono i gesti esemplari fatti nell'ombra.

venerdì 5 novembre 2021

Il diritto e il favore

 Molto spesso mi frulla in testa quel verso di Francesco De Gregori.

Di questa terra senza misura
Che già confonde la notte e il giorno
E la partenza con il ritorno
E la ricchezza con il rumore
Ed il diritto con il favore
E l'innocente col criminale
Ed il diritto col carnevale

Confondere il diritto con il favore: difficile esprimere in forma più sintetica ed esatta il vizio antico di questo cavolo di pianura

Accettare che ci siano delle regole, il rispetto delle quali è compreso come motivo di benessere per tutti, e quindi perseguito anche se non se ne trae un diretto vantaggio, ed anche se comporta un sacrificio. 

Considerare la loro infrazione una grave offesa alla comunità ed ai singoli individui che la compongono. Additare alla pubblica vergogna chi cerca mezzi per aggirarle, fregando non solo gli altri, ma anche se stesso. 

Considerare i diritti che esse prevedono facoltà l'esercizio delle quali non richiede implorare nè ricevere benevolenza; ottenerne all'occorrenza ragione dagli organi deputati.

Sono questi comportamenti che a noi intelligentissimi italici danno un po' noia, fanno torto alla nostra creatività e al nostro saper vivere.  E' già, che in fondo il furbo è più simpatico della persona seria. Lo ammiriamo, chi riesce a fottere gli altri  (meglio ancora se lo Stato) e magari a farla franca. 

Lo giustifichiamo come uno che si difende da una sistema che non funziona, che si arrangia ad ottenere una visita con una conoscenza perchè altrimenti l'avrebbe tra due anni: e non capiamo che alimentiamo un circolo vizioso. Invece di pretendere che le cose funzionino (partecipando all'impresa con la nostra piccola parte di correttezza), quel che ci spetterebbe ci va bene di averlo di straforo; e se manca agli altri, ce ne infischiamo.

Diventare tedeschi, no. 

Ma provare un po' di vergogna (o almeno imbarazzo), invece che di vanto, per i nostri difetti, forse sarebbe un buon inizio nel mollare questa cultura del chiagni e fotti



martedì 2 novembre 2021

La Repubblica italiana e la sua forma di governo

di Sergio Bartole 


Il breve testo raccoglie un contributo del professor Bartole, al quale chiesi la tesi nel lontano 1998, sempre su un argomento correlato alla forma di governo (Referendum e forma di governo).

Il tempo passato da allora evidenzia l'impossibilità di costringere la forma di governo italiano in una delle categorie classificatorie classiche, tanto per i molti fattori che deviano dal modello del parlamentarismo, tanto per la rilevanza di una prassi che fornisce il suo contributo alla definizione del dato normativo quanto la disposizione .

Il testo si inserisce negli studi del professore sulla capacità della nostra costituzione di adattarsi ad interpretazioni e prassi diverse, riuscendo proprio per questo a sopravvivere ai tempi e ad essere "la Costituzione di tutti ".

In particolare nell'ultimo ventennio le discussioni della dottrina si sono soffermate sul ruolo del Presidente, sui vincoli dell'adesione all'Unione Europea, sui rapporti con gli Enti locali, sullo strapotere normativo dell'esecutivo. 

Alla delimitazione dei poteri del Parlamento hanno contribuito le possibilità lasciate da un dettato costituzionale aperto, ma anche dalla crisi dei partiti politici.  


lunedì 1 novembre 2021

Strana vita, la mia

 di Romani Prodi con Marco Ascione


Pur non essendo un appassionato di autobiografie di personaggi noti, ho letto con interesse questa di Romano Prodi.  

C'era l'epoca in cui i premier erano i migliori. Dei primi della classe, persone che potevano essere avversate per idee o storia personale, ma di cui era difficile negare le doti intellettuali e politiche: come  per Prodi, vale ovviamente anche per Berlusconi.

I fatti narrati sono ricchi di interesse perchè, in gran parte noti da chi, come me, li ha vissuti leggendone sui giornali, può scoprirne aspetti che solo i diretti protagonisti possono rivelare.

Filo conduttore di un'esperienza, come dichiarato nelle conclusioni del Professore, è la costante ricerca del dialogo, prerogativa difficile da esercitare ma l'unica che può, diversamente dalle prese di posizione tetragone, portare a risultati concreti. 

Nei vari capitoli si ricordano le tre esperienze di governo, la stagione alla Commissione ed i rapporti con Russia, Cina ed il continente africano; nel segno di un riformismo dalle caratteristiche peculiari, della via Emilia, difficile da inquadrare nelle più classiche categorie.

Il messaggio finale riguarda la persistente importanza dell'evoluzione dell'Europa (con relative difficoltà) in un soggetto politico capace di ergersi a fianco di Usa e Cina, contribuendo così non solo ai suoi interessi, ma anche a mutare il carattere delle nuova competizione globale.