di Tom Nichols
Lo ammetto subito: ho scelto questo libro dopo averne
sentito parlare da Saviano, nella puntata con Fazio in cui ha attaccato da par
suo il “governo del cambiamento”.
Pur scritto con riferimento alla situazione americana, il testo
affronta problemi con cui già ci confrontiamo, e che saranno sempre più attuali
con lo scorrere del tempo.
La montante avversione non tanto contro gli intellettuali,
quanto contro la competenza, deriva dal sommarsi al declinante livello culturale
del venir meno della consapevolezza di chi sa meno.
Il fenomeno è da tempo ben percepibile, il merito di Nichols
è concettualizzarne cause, sfaccettature, taluni effetti.
Il primo aspetto, connesso al generale declinare del
principio di autorità, è il malinteso applicazione di un concetto “democratico”
alla conoscenza, che travisa l’eguaglianza delle opportunità con l’eguale
valore da attribuire alle opinioni: la separazione tra opzioni valoriali e
ragionamenti sui fatti dovrebbe far ben comprendere che al giudizio di chi è
qualificato, per scienza ed esperienza, su una materia, deve attribuirsi un valore
maggiore quantomeno sui secondi. Misconoscere questo aspetto rende impossibile
la conversazione pubblica e spesso quelle private, diventa frustrante per gli esperti,
genera distorte convinzioni nella massa degli “spiegatori”, che purtroppo sono
elettori.
Un altro aspetto è il declinare dell’istruzione superiore:
la descrizione incentrata sull’università americana, vale ampiamente nelle
conclusioni anche per noi, con tutte le differenze del caso, declinata nel
titolo del capitolo “il cliente ha sempre ragione”.
Cuore della questione è l’accesso alla sterminata massa di
informazioni su internet. Nichols analizza bene i problemi dei rapporti solo
digitali e i meccanismi autoreferenziali che distorcono gli effetti positivi
del web, generando in chiunque la convinzione di conoscere un argomento in
pochi minuti (avendo a malapena letto il titolo di qualche post), normalmente
avendo trovato le fonti che guardacaso confermano la propria opinione.
Non aiuta l’evoluzione del giornalismo inevitabilmente
impoverito dalle libertà del mercato, che lo ha costretto a mixarsi sempre più
con l’intrattenimento e la ricerca di consenso.
La preoccupazione dell’autore sono gli effetti sulla
democrazia.
Ne vediamo gli effetti, aggiungo io, quando circolano
slogan agghiaccianti tipo “uno vale uno”
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