giovedì 1 settembre 2016

Prosopopea e realtà del "modello Friuli"

Ho spesso guardando con fastidio dettato dal pudore l'enfasi che spesso usiamo per parlare del dopo terremoto 1976, nel descriverlo come una storia di successo.
Mi è talvolta sembrato impoprio rivolgersi a persone appena colpite da immane sciagura con il piglio di chi, avendone subita una analoga, mostra quanto bravo è stato a riuscirne.
Che siamo un popolo "salt, onest e lavorador" non dovremmo dircelo da soli.
E tuttavia.
In questi giorni più volte sono state riportate cifre e racconti, fatti da terzi, in cui la comparazione fra le varie ricostruzioni fa realmente risaltare quella post-76 come un punto di riferimento ineguagliato. 
Stamane persino Massimo Bordin, nel citare il "modello Friuli", ha detto: "era giusto il modello, probabilmente... Probabilmente un qualche peso lo ebbe anche il fatto che fosse il Friuli ad aver sopportato quel terribile terremoto. Persone molto serie, molto concrete, ne sono venute fuori rapidamente e con il minimo di fatti corruttivi che sono pure inevitabili".
Forse allora la prosopoea autoincensatoria descrive una realtà di cui non bisogna vergognarsi di essere orgogliosi.
Forse il fastidio ed il pudore derivano dall'inabitudine nazionale a mostrare le cose positive, in favore di una voluttà di autodenigrazione che è costume senza pari negli altri popoli. 

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