di Paolo Rossi con Federica Cappelletti
Qualche anno fa, parlando non mi ricordo se ai miei figli, mi domandavo come mai un calciatore dell'importanza di Paolo Rossi non trovasse, almeno nel suo mondo, il riconoscimento ed il ricordo riservato invece a suoi colleghi molto meno illustri.
La grande emozione provocata dalla sua scomparsa, l'unanime partecipazione alla perdita di "un ragazzo come noi", hanno forse spiegato che quella assenza era dovuta alla ritrosia del personaggio a mettersi in mostra, mentre l'affetto e la gratitudine che lo circondavano, pur sommersi, erano sconfinati.
Che gioia ci ha dato, Paolino, quel ragazzo mingherlino capace di renderci orgogliosi davanti a tutto il mondo.
Recentemente ho ascoltato a "due microfoni" prima l'intervista alla moglie, autrice di un nuovo libro più personale, poi quella a Paolo, quando uscì questa sua autobiografia, che ho quindi ho deciso di acquistare.
Il libro gira intorno alla forza di carattere di un predestinato che, sul più bello, cade rovinosamente ma ha la forza di rialzarsi, aiutato da alcune persone che con la loro fiducia gli hanno fornito la forza necessaria, e raggiunge il più alto dei traguardi: contemplando il quale, si rende conto di essere giunto all'apice, e vorrebbe fermarlo, quell'attimo (che così poco dura).
Con sincerità, nonostante l'unanimità dei giudizi positivi sulla persona rendano plausibile la narrazione più agiografica, ho trovato quella del libro eccessivamente fiabesca, come scritta per un libro di buoni sentimenti per ragazzi.
Commovente fino alle lacrime il ricordo dell'ultimo incontro con il vecjo, che chiude il testo.
Ti sia lieve la terra, Paolo.