martedì 6 luglio 2021

Porte aperte

 di Leonardo Sciascia


Opera breve e magistrale.

Altra riflessione sulla giustizia, ove il tema della pena di morte più che l’oggetto è l’occasione per soffermarsi sul rapporto tra un giudice e la propria coscienza nell’applicare la legge, quella legge. Sui meccanismi psicologici del giudizio.

Sulla possibilità per un cittadino di affermare un principio giusto, anche contro il proprio interesse e la reale utilità.

Le porte aperte sono quelle che per la propaganda potevano essere lasciate nel corso di quel ventennio iniziato quasi un secolo fa; invocate come preteso fine di legislazioni come quella che reintrodusse la pena capitale.

Ma nessuno le lasciava poi aperte, le porte (anzi erano più quelle che gli italiani trovavano chiuse; e restava la pena di morte (e tutto il resto che il regime comportò), come il paradosso di un impero che appena raggiunto determinava la penuria di beni prima diffusi.

Sciascia è al solito generoso di citazioni (non mancano i prediletti Borges, Stendhal ed il Manzoni che pennellò il “troncare e sopire” così adatto al modo profondo con cui l’Italia accolse il fascismo); e di lampi di genio che offrono vera intelligenza della vita.

Tant’è che spesso ci si sbaglia, nel giudicare i nostri simili come del tutto simili a noi. Ce ne sono di peggio, ma anche di meglio.

O del carattere nazionale (cui però ci può sottrarre):

Giolitti diceva che nel nostro paese a nessuno si nega un sigaro e una croce di cavaliere; e nemmeno un certificato medico falso, io aggiungo; e nemmeno a me sarebbe stato rifiutato

Una lettura che regala come sempre idee, intelligenza, desiderio di nuovi libri e di nuove conoscenze.

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