lunedì 28 agosto 2017

Monte Nero (Krn) da Krn

Per la prima volta sconfino, obiettivo il Krn.
Scegliamo la via da Krn, per raggiungere il quale superiamo Caporetto per prendere pochi chilometri dopo il primo ponte sulla sinistra, freccia per Kamno.
In pochi chilometri di ascesa su una strada piuttosto stretta ma senza pericoli, direzione Vrsno e poi Krn, troviamo il parcheggio a quota 1017.
In basso fa suggestiva mostra di sè la fitta coltre di nebbia che ci aveva accolti poco dopo Robic, e che riempie la vallata dell'Isonzo, a bassa quota, fino a vista d'occhio.
In alto si intravede la cima del Monte Nero, e la strada da percorrere su un pendio completamente assolato.
Saliamo con buon passo sul sentiero ben segnalato, cui offre alternativa una comoda mulattiera fino a
quota 1350.
Poco più sopra lo sguardo si apre sul versante ovest, si staglia di fronte ben visibile il Matajur, il panorama si allarga sulla vallata fin oltre Caporetto.
La giornata calda conforta la scelta di munirsi di abbondanti scorte di acqua, in circa 180 minuti complessivi di ascesa, su pendenze medie, si raggiunge il rifugio Gomiščkovo zavetišče na Krnu (2182 m), visibile fin quasi da subito.
Da lì la vetta è facilmente raggiunta in 10 minuti. In cima c'è un discreto numero di posizione, ad ammirare il bel panorama a 360 gradi, che comprende il laghetto alpino poco più sotto.
Al rifugio rinunciamo al pasto caldo: i rifornimenti latitano e offrono solo zuppa con i crauti.
Uno sguardo al termometro segnala 39 gradi (e non sentirli; sono meno degli anni ahimè).
Dopo una bevanda fresca la discesa e facile e impiega poco più di un'ora.
Escursione facile e alla portata di tutti, se un minimo allenati, probabilmente più indicata in periodi in cui il sole riscalda e non accalda.
Un compatriota incontrato in cima riferisce che da il percorso da Dreznica (200 m di dislivello in più) offre una prima parte interamente nel bosco.


Carta Tabacco 41, Segnavia s.n., Tempo indicativo 4 h, Altitudine min 1017, Altitudine max 2248, Dislivello 1231










giovedì 17 agosto 2017

L'abitudine fa l'uomo forte

Ormai agli attentati ci siamo abituati. 
Non fanno più la notizia dei primi. 
Certo ci sono ancora le prime pagine dei giornali, ma il passaggio dalla marcia silente dei capi di stato e di governo abbracciati a Parigi ad un messaggio cordoglio di Mattarella misura la differenza delle reazioni.
Il paradosso è che è una buona notizia (l'abitudine).
Giusto un anno fa, chiosando i fiumi di parole, invocavo la pazienza nel sopportare le perdite quale ingrediente dell'inevitabile ma ancora lontana vittoria sul terrore.
Non rassegnazione nè indifferenza, ma consapevolezza che la strada è difficile e dolorosa.

domenica 13 agosto 2017

Forca di Lanza

Partiamo con l'obiettivo della cima del Monte Zermula.
L'arrivo a Cason di Lanza in auto da Paularo richiede attenzione, strada ripida e strettissima.
Il passo è un piccolo paradiso stretto tra lo Zermula ed il Col di Lanza, da cui partiamo seguendo la via nomale per il sentiero 442 un po' ripido all'inizio, ma ben segnalato e senza insidie.
In un'ora siamo alla Forca di Lanza, da cui è ampia la visuale su tutto un vasto arco di monti.
A est in lontananza si vedono bene le Giulie, di fronte il Sernio e il Tersadia, a Ovest si distingue bene lo Zoncolan e più oltre il gruppo Volaia-Coglians.
Gli altri propongono di fermarci qui, la cima rimane un rimpianto, ben visibile lassù con la croce e le persone piccolissime.
Ci rivedremo, monte Zermula!















Al ritorno, dopo una pausa caffè al bar-agriturismo, pensiamo bene di prendere un po' di ricotta nella malga. La targa dice "formaggio - ricotta".
Mal ce ne incoglie.
Il malgaro ci respinge con rara maleducazione, inaspettata nonostante in alta quota le pretese sulla cortesia di commercianti-esercenti non siano elevate. Non si capisce perchè la ricotta non sia disponibile, nè perchè lo infastidisca tanto la richiesta, nè perchè ci sia da ironizzare sulla numerosità della famiglia (In vot par cjoli une ricote).
Un vero coglione.
La strada del ritorno la percorriamo per Pontebba. E' più larga ma in condizioni orribili, per via degli alberi in mezzo alla strada, resti della tromba d'aria di giovedì.

lunedì 7 agosto 2017

Monte Matajur da Savogna



Visti i temporali previsti in Carnia, dirottiamo l'escursione sulle Giulie e su un percorso di tutta sicurezza.
Salendo da Savogna arriviamo in macchina al rifugio Pelizzo a quota 1320. Dal parcheggio si vede già la chiesetta sulla sommità del monte.
In un'ora di dolce ascesa su un sentiero asciutto siamo in cima previa deviazione per il Dom na Matajure (aperto).
L'aria che ci accompagna la rende piacevole, in piena battuta di sole che suggerisce grande soddisfazione per la salita fatta anche in diverse stagioni
C'è un po' di gente, ma è bello oltre che prevedibile trovarne così tanta.
Panorama fantastico sulla valle, sulla pianura e, sulla cima, sulle Giulie.
Al ritorno incrociamo i ciclisti che salgono per cimentarsi nel "Matadown", scendendo in mezzora in tempo per gustare il pranzo al rifugio bello pieno.
Escursione facile e alla portata di bimbo e di ottantenne, da ripetere senz'altro.

Carta Tabacco 18, Segnavia Cai 736-750a, Tempo indicativo 1,5 h, Altitudine min 1320, Altitudine max 1640, Dislivello 335

Cazzonismo uguale e contrario

La Mogherini in visita al Parlamento iraniano.
Indossa un velo sui capelli.
Ressa dei deputati per fare un selfie con lei.

Strali dei bacchettoni iraniani: Umiliante resa all'Occidente.
Strali dei bacchettoni italiani: Umiliante sottomissione all'Islam.

Tutto è relativo, ma l'idiozia è universale.

(Il titolo non è mio ma di dagospia).

martedì 1 agosto 2017

Che storia

Quando lo racconto spiazzo un po' tutti: la mia famiglia possiede una piccola chiesa.
A Spigno Monferrato, il paese paterno in provincia di Alessandria che sonnecchia al limitare della Liguria, è ancora ben conservata e consacrata una cappella costruita dai miei nonni come ex voto alla Madonna della Guardia

La sua è una di quelle piccole vicende che, attraversando i grandi eventi, ne costituiscono dimenticata parte integrante. Il vissuto individuale che, secondo Tolstoj, più delle decisioni dei grandi uomini dà forma alla storia, composta anche e soprattutto nelle innumerevoli, oscure e anonime iniziative prese da individui comuni i quali, considerati nel loro insieme, formano quelle grandi masse capaci di imprimere una direzione al percorso della storia umana (...chia).
Certi ricordi rischiano di lasciarci con le persone che più spesso li hanno serbati con pudore e silenzio che condivisi, anche nei racconti ai loro figli o nipoti.
In questo caso qualche brandello di memoria l'ho conservato. Ci sono dei videotape in cui ragazzo intervistavo mia nonna già ultranovantenne, finchè girano i mangiacassette potrei rivederli. 
Potrei, senza certo pretendere di resistere alle più calde delle lacrime.
C'è allora questo libretto, composto da mia sorella in seconda media, che rievoca la storia della cappella, con parole di un'adolescente che ben le restituiscono la dimensione di una favola qual è.
  
E' il 1944. Il Nord è in piena occupazione tedesca. I soldati teutonici sono braccati dall'inesorabile avanzata alleata ed attaccati alle spalle dalle formazioni partigiane, in costante aumento di effettivi. Tra di loro c'è anche mio zio Giovanni, ventenne.

Famiglia di commercianti i miei nonni. Commerciante di legname, carrettiere, poi passato all'autotrasporto su gomma il nonno. Mia nonna lavora in bottega, di proprietà. Negozio, bar, ristorante, albergo, chi aveva un'attività allora faceva di tutto un po'.

La bottega è adiacente alla casa in cui vivono i nonni con i lavoranti.
I soldati irrompono nella notte. Probabilmente in rappresaglia ad incidenti occorsi nei giorni precedenti, si passa alle vie di fatto ed il povero Guglielmo viene ucciso.
La casa è depredata ed incendiata, la famiglia tratta in arresto. Nei tumultuosi momenti il pensiero corre certo alla sorte di Giovanni, mentre il piccolo Piero è in salvo dai nonni materni a Turpino.

La notte passata in carcere trascorre insonne. Il pensiero alla casa distrutta non è nulla di fronte alla concreta prospettiva di una condanna a morte, vividamente rappresentata da un milite: "vi facciamo kaputt!".
Sovviene la fede. In preghiera, i nonni si rivolgono accorati alla Madonna della Guardia venerata nel vicino santuario genovese, chiedendo la grazia della vita, e promettendo in cambio la costruzione di una chiesetta.
L'avvicinarsi del soldato che apre la cella, l'indomani, ha il sapore di una sentenza. Ma è la libertà!
La gioia si mescola alla preoccupazione; se hanno liberato i vecchi, è perchè hanno preso Giovanni: che ne sarà di lui?
Ma anche Giovanni se la cava e torna casa, e la famiglia può festeggiare

Senza badare a spese, e vincendo la resistenza del vescovo di Acqui, la cappella viene costruita e inaugurata, come illustrato dal bollettino "La Madonna della Guardia" di qualche mese dopo, il 29 agosto 1948.

Ogni anno, il 29 agosto, una messa viene celebrata nella piccola cappella.
Vegliata dalla sguardo dei nonni