lunedì 23 giugno 2025

Thank U

Forse è eccessiva la ricerca di senso in alcune cose che ci accadono o a cui assistiamo, forse l'età, le circostanze, il contesto ci inducono a cercarlo o a vederlo oltre il necessario.

Sono a Villa Manin, sta iniziando il concerto di Alanis Morrisette a cui sono riuscito ad infilarmi grazie ad una botta di culo e a mia cognata. E' un evento, in ambito concertistico, di una portata che può vedersi piuttosto raramente a queste latitudini. Attorno vedo persone prevalentemente della mia età, giusto qualche anno in meno, per lo più donne, molti non sono di qua e nemmeno italiani. Parte un filmato introduttivo, poi l'attacco e dopo un minuto entra lei:

So che tutto andrà a finire
per il meglio, meglio, meglio,
perché ho una mano in tasca
e l'altra dà il cinque.

Alanis è in jeans, camicia e sneakers, e già lo sapevamo che non sarebbe stato un concerto con cambi d'abito, scenografie e balletti. E' la ragazza con lo zainetto, la versione candese-americana di quella che faceva l'inter-rail, arrabbiata, generosa, vogliosa di vita ma di una vita diversa. 

Realizzo di colpo ora che la vedo di fronte a me, mia coetanea quinti attempata signora, quanto tempo è passato e come ci, mi ha cambiato. Il groppo alla gola è immediato.

Con grande prova canora e con rispetto del pubblico ha fatto tutti i vecchi pezzi, e io mi chiedevo cosa provi a cantare canzoni che ha concepito più di trentanni fa. Forse un percorso di vita non privo di difficoltà, ma nel quale ha saputo trovare una maturità che non ha snaturato le sue istanze e caratteristiche più genuine, ma le ha fatte diventare quelle di una persona diversa, le consente di trovare ancora se stessa in quella ragazzina che urlava al mondo .

Il momento in cui ho mollato è stato il momento
in cui avevo tra le mani molto più di quello che potevo gestire.
Il momento in cui sono saltata giù
è stato il momento in cui ho toccato terra
.

Uno dei motivi per cui la ragazzina era arrabbiata era la condizione femminile, direi meglio delle persone che sono femmine. Ancora oggi lo ricorda e ne parla, e facendolo aggiunge all'incazzatura l'azione. Quando da adolescenti si diventa adulti si capisce che le cose bisogna provare a cambiarle facendone alcune, quelle che sono nella nostra possibilità, non basta urlare che non vanno. E forse la Morrisette è una che delle persone che ha fatto di più per l'empowerment femminile ha fatto di più, anche solo facendo sentire a molte persone, con le sue canzoni, che non erano le sole a provare certe cose.  

Dopo uno spettacolo di poco più di un'ora, in cui non si è risparmiata correndo, suonando la chitarra glitterata, cantando, Alanis ci ha lasciato soli con i nostri pensieri, ma non dimenticando l'essenziale: 

Thank you so much,
I Love you,
take care each other.

 





 

 


domenica 15 giugno 2025

Bivacco Anita Goitan

Si profilo un pertugio nel groviglio di impegni e maltempo, Riccardo mi dà l'ok, è il weekend giusto per una nuova esperienza in bivacco.

Purtroppo soli ci muoviamo a metà mattinata. In auto  per arrivare al rifugio Pussa ci vogliono 120 minuti, gli ultimi 30 dei quali nella solitaria e selvaggia Val Settimana.

Me la immaginavo simile alla Valcimoliana, con la quale ha in effetti dei tratti in comune, non la bellezza folgorante dei Monfalconi.

Dopo un'ottimo pranzo al rifugio ci incamminiamo di buona lena sul sentiero 385, giro antiorario, ci aspettano 900 mt di dislivello. Il sentiero nel bosco sale con pendenza decisa, la fatica dello zaino sulle spalle si fa sentire. Al termine della faggeta si risale sul greto del rio Meda, mentre il solleone in un breve attimo lascia spazio a nuvole, qualche timido tuono preannuncio di una pioggerella che ci accompagnerà per un'ora. Arrivati al bivio con 386 ci rinfranchiamo, il più è fatto, il resto della salita è guadagnato con una traversata in pendenza puù dolce in mezzo ai mughi.

Dopo un'ansa ecco spuntare il bivacco, in buone condizioni nonostante l'esterno ammaccato, pronto ad ospitare 9 persone con materassi, cuscini e coperte. La vista è eccezionale, il luogo è promessa d'incanto che il tempo in parte delude. 

Non facciamo in tempo a sistemarci che arrivano una coppia di ragazzi con i quali divideremo la serata: atleti, loro ci hanno messo 2h30 invece delle nostre 4 a coprire l'ascesa. 

La pioggia si esaurisce ma lascia un contorno di nuvole che preclude la visione sia del tramonto che del cielo stellato: peccato.

Cameratesca convivialità condita dallo scambio di qualche innocua cazzata rendono piacevole la permanenza, alle 22 mi addormento nel sonno del giusto.

All'indomani ci attende, di buona mattina, un rinnovato cielo sereno. Ripartiamo prima delle 7 per completare l'anello basso del sentiero 386. Alla fine la discesa prima in un bel panorama, poi quasi interamente nel bosco, è bella anche se decisamente ripida. Considerata l'ascesa di 100 mt dal bivio il dislivello in discesa supera i 1000 mt.

Arrivati alla carrareccia che conduce al Pussa ringrazio Riccardo per il regalo che mi ha fatto: ed eccone un altro, mi risponde che al contrario è lui ad essermi grato.

E io sono grato anche alla vita che mi ha consentito di conoscere la vera bellezza.







lunedì 2 giugno 2025

Il sale della terra

Siamo uno di meno, e quell'uno è Sebastiao Salgado.

Poche settimane l'ho definito l'uomo che più ammiravo. Un grande artista, che ha fatto della sua opera non solo testimonianza, ma anche azione.

Non scatti, non reportage, ma progetti durati anni per dare contributo alla comprensione di fenomeni epocali. Workers l'essenza della fatica e della dignità dei lavoratori. Exodus, l'inarrestabile forza delle migrazioni. Genesis, i paesaggi e popoli rimasti intoccati dall’assalto della modernità e del progresso. Amazonia, la testimonianza di una natura antica che forse tra 50 anni non ci sarà.

Il lavoro, la migrazione, l'ambiente. Di cos'altro deve occuparsi un artista, un intellettuale?

L'arte più grande è quella in cui l'altezza estetica si accompagna all'idea, ancor più se diventa istanza etica.

E Salgado è stato sempre attento alle identità dei popoli, alle fragilità del pianeta, all’esaurimento delle risorse, alle  desolazioni della povertà, dello sfruttamento e della guerra, capace di ascoltare una natura che grida la sua bellezza affinché l’uomo si svegli e decida di salvarla e di salvarsi. Come ha detto Peter Sager: “Pur senza la minima traccia di sensazionalismo, le immagini di Salgado hanno una loro spettacolarità. I suoi vigili del fuoco, i suoi operai metallurgici sono eroi al lavoro, talvolta ai limiti dell’idealizzazione romantica. I coltivatori delle piantagioni di canna da zucchero cubane brandiscono i loro machete come guerrieri di epoche arcaiche. E i fuggiaschi etiopi avvolti nei loro panni, ai margini del deserto, sembrano i personaggi di una tragedia antica. Sono immagini estreme di realtà estreme. Il pathos, il gesto elegiaco emana dai soggetti quanto dal modo in cui vengono rappresentati. Gruppi di madri con bambini, scene di passione, masse in gran movimento: queste immagini raccontano storie bibliche che Salgado cita con la passione di un teologo marxista della liberazione”.

E' esemplare il racconto di come nacque Genesis.
Siamo animali molto feroci, siamo animali terribili noi umani. La nostra è una storia di guerra, una storia senza fine, una storia folle. Sia qui in Europa, che in Africa, in America Latina, dappertutto. Siamo di una violenza estrema. E' stato il mio ultimo viaggio, in questa disgraziata avventura nel Ruanda. Quando sono andato via, non credevo più a niente, non poteva esserci salvezza per la specie umana. Non si poteva sopravvivere a una cosa simile.

L'inizio dell'esperienza della riforestazione della tenuta affidatagli dal padre, che Salgado iniziò con scetticismo convinto da Lelia, fu la scintilla che fece tornare la voglia di ricominciare, questa volta cambiando il soggetto delle sue foto per narrare i luoghi incontaminati del pianeta. 


Il coronamento c'è poi stato con Amazonia. Studio, lavoro, viaggio nel cuore della terra e vera empatia per le persone che abitano questo mondo antico e unico: "My wish, with all my heart, with all my energy, with all the passion I possess, is that in 50 years time thies book will not resemble a record af a lost world. Amazonia must live on - and always at its heart, its Indigenous inhabistants".

Salgado credeva che il genere umano abbia posto le basi della propria estinzione, superando i limiti dei danni che poteva arrecare alla terra. Ma in fondo, le sue parole lo confermano, conservava la speranza nella possibilità che le cose cambino, e ha fatto intero la sua parte, di artista e di persona, perchè ciò accada, in maniera di cui stento a trovare l'eguale.
Ha dato così, a noi incapaci della sua arte e della sua comprensione delle cose più importanti, il più grande degli esempi.

Ben lo ricorda il suo Instituto Terra:
“È con profondo dolore che annunciamo la scomparsa di Sebastião Salgado, il nostro fondatore, mentore ed eterna fonte di ispirazione.
Sebastião è stato molto più di uno dei più grandi fotografi del nostro tempo. Insieme alla sua compagna di vita, Lélia Deluiz Wanick Salgado, ha seminato speranza dove c’era devastazione e ha fatto fiorire l’idea che il ripristino ambientale è anche un profondo gesto d’amore per l’umanità. Il suo obiettivo ha rivelato il mondo e le sue contraddizioni; la sua vita, il potere dell’azione trasformativa.
In questo momento di lutto, esprimiamo la nostra più sentita solidarietà a Lélia, ai suoi figli Juliano e Rodrigo, ai suoi nipoti Flávio e Nara e a tutti i familiari e gli amici che ora condividono il dolore per questa immensa perdita.
Continueremo a onorare la sua eredità, coltivando la terra, la giustizia e la bellezza che lui credeva profondamente potessero essere ripristinate.“.

Ti sia lieve la terra, Sebastiao, la tua terra.