domenica 25 luglio 2021

Viva la lotta all'evasione vaccinale

 Qualche mese fa ho usato (coniato?) l'espressione "evasione di vaccino" per descrivere il verso significato sociale delle persone che non vogliono vaccinarsi contro il COVID 19.

Superata la fase in cui la carenza delle dosi allontanava il problema di una fascia così ampia di popolazione non intenzionata a vaccinarsi da rendere impossibile il raggiungimento delle soglie che assicurano l'immunità collettiva, si pone nuovamente il problema di come evitare che istanze individualiste, che dobbiamo francamente chiamare egoiste, arrechino gravi e letali danni alla collettività.

C'è una questione di decisione politica: con l'obbligatorietà o altre misure, lo stato deve costringere o quantomeno indurre il maggior numero a vaccinarsi, inevitabilmente con norme che prevedono penalizzazioni per i free riders del vaccino. 

Il DL dell'altro giorno va in questa direzione, e sarà di certo il primo di altri passi ove la situazione dovesse peggiorare.

L'altra questione è comunicativa. Si punta troppo sulla convinzione, sulla consapevolezza. Poichè di certo un comportamento (molto relativamente) pericoloso si affronta più volentieri per ragioni egoistiche (nel vaccino sono il non ammalarsi ed avere conseguenze meno gravi dalla malattia) che per quelle altruistiche (contribuire alla sconfitta della pandemia anche se a patirne di più le conseguenze sono gli altri), si punta tutto sulla logica del tipo "proteggete voi stessi ed i vostri cari, vaccinatevi".  Si tratta di un tentativo vano. Le persone che decidono sulla base della propria convenienza sono ovviamente portate ad una analisi comparata rischi benefici, e trovano svariate analisi in cui avere conforto al loro intento di non vaccinarsi.. basti pensare ai genitori dei ragazzi trai 12 ed i 16 anni.

Bisogna martellare sulla ragione altruistica: vaccinarsi per sconfiggere il contagio ed evitare che gli altri si ammalino; per evitare che l'economia vada a remengo. Convincere (anche sputtanando chi rifiuta questa logica) che è giusto affrontare un piccolissimo rischio per il bene di tutti. 

Una comunità i cui membri non accettano di farlo non è una comunità.


martedì 6 luglio 2021

Porte aperte

 di Leonardo Sciascia


Opera breve e magistrale.

Altra riflessione sulla giustizia, ove il tema della pena di morte più che l’oggetto è l’occasione per soffermarsi sul rapporto tra un giudice e la propria coscienza nell’applicare la legge, quella legge. Sui meccanismi psicologici del giudizio.

Sulla possibilità per un cittadino di affermare un principio giusto, anche contro il proprio interesse e la reale utilità.

Le porte aperte sono quelle che per la propaganda potevano essere lasciate nel corso di quel ventennio iniziato quasi un secolo fa; invocate come preteso fine di legislazioni come quella che reintrodusse la pena capitale.

Ma nessuno le lasciava poi aperte, le porte (anzi erano più quelle che gli italiani trovavano chiuse; e restava la pena di morte (e tutto il resto che il regime comportò), come il paradosso di un impero che appena raggiunto determinava la penuria di beni prima diffusi.

Sciascia è al solito generoso di citazioni (non mancano i prediletti Borges, Stendhal ed il Manzoni che pennellò il “troncare e sopire” così adatto al modo profondo con cui l’Italia accolse il fascismo); e di lampi di genio che offrono vera intelligenza della vita.

Tant’è che spesso ci si sbaglia, nel giudicare i nostri simili come del tutto simili a noi. Ce ne sono di peggio, ma anche di meglio.

O del carattere nazionale (cui però ci può sottrarre):

Giolitti diceva che nel nostro paese a nessuno si nega un sigaro e una croce di cavaliere; e nemmeno un certificato medico falso, io aggiungo; e nemmeno a me sarebbe stato rifiutato

Una lettura che regala come sempre idee, intelligenza, desiderio di nuovi libri e di nuove conoscenze.