venerdì 5 giugno 2020

Dire tutta la verità

Sempre più spesso mi trovo a citare Luca Ricolfi.
In effetti lo stimo molto e per questo ricerco e leggo le sue analisi sul sito della fondazione Hume.
Capita anche, però, che ritrovo da lui ben espresse idee che ho maturato nella mia ben più modesta mente.
In questo articolo pubblicato su Il Messaggero per esempio, dopo aver disvelato le aporie ideologiche che dominano certe scelte (tipo "riapriamo tutti assieme"), descrive il "sovracosto" della riapertura regionale.
Il presupposto è che abbiamo riaperto senza effettivamente essere certi che il virus sia scomparso, senza essere pronti a conviverci con sicurezza. 
A mio avviso è stata una scelta buona, che doveva essere fatta anche prima. 
E' mancata l'esplicitazione della scelta politica, prima ancora del fatto che ci sia stata una scelta politica: Quando ci sono due valori in ballo, è normale che sia la politica a decidere. E nessuno può dire qual è il “tasso di cambio” ragionevole fra un punto di Pil in meno e 1000 morti in più
Questa del "tasso di cambio" è una cosa che io sostengo da tempo, con pochi interlocutori fidati. Non che possa essere calcolato, ma che il cuore del problema insista nello stabilire che vi sia un numero di decessi non accettabile per salvare l'economia (e che quindi, sotto quel numero, diventi accettabile), mi è stato chiaro fin dall'inizio. 
Probabilmente non è cosa che riuscirebbe ad essere spiegata, da questa classe dirigente, a questo popolo. Nessuno potrebbe permettersi questo discorso: La rinuncia a renderci coscienti dei maggiori pericoli cui stiamo per andare incontro rende il costo della salvaguardia dell’economia ancora più alto di quel che sarebbe se le autorità parlassero chiaro, e osassero dirci la verità: l’epidemia non è sotto controllo, i pericoli sono ancora molto grandi, se riapriamo non è perché siamo in grado di farvi lavorare e divertire “in sicurezza”, ma perché abbiamo deciso che la priorità è salvare l’economia e restituirvi un po’ di normalità.

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