Lettura obbligata, questa, per uno come me.
Contrariamente alle attese non è una biografia come quelle di Vecellio o Teodori (non parliamo proprio, ovviamente di "Una libertà felice"), è un resoconto critico della sua azione politica, in parte modellata sullo storico "I nuovi radicali" di Ignazi, Teodori e Panebianco.
Per chi Pannella l'ha seguito ed amato per 25 anni, imparando a conoscerne l'opera anche precedente, questo libro non evidenzia quasi nessun fatto non conosciuto, ma è utile nello sforzo di di sistemazione che ben si riflette nell'indice, oltre che nella messe di citazioni raccolte dall'autore.
Alla radice.
Galli ripercorre gli aspetti della gioventù di Pannella che hanno avuto influsso sulla sua formazione. L'obbligatorio richiamo alla famosa prefazione di "Underground" è seguito dal ricordo del passaggio al Mondo e dell'esperienza goliardica. Oltre al richiamo ai "vecchi radicali", agli influssi pacifisti e alle suggestioni libertarie, interessante è il riferimento ai due ossimori "anticlericalismo religioso" e "liberismo di lotta", per trovare il filo conduttore nella "condizione minoritaria, quasi eretica, che caratterizza le correnti di pensiero cui si è ispirato".
Anni settanta: la rivoluzione dell'intimità.
Bella la formula che Galli individua per parlare del decennio d'oro dei radicali, quelli delle grandi battaglie per i diritti civili.
Gli strumenti dell'azione politica radicale.
Disobbedienza civile, nonviolenza, ostruzionismo, la Radio, la Transnazionalità sono invenzioni con copyright radicale, almeno in Italia, che hanno caratterizzato la singolarità del movimento almeno quanto i contenuti.
Creare l'attualità.
"L'intera storia politica dei radicali può essere letta come il tentativo di imporre all'attualità temi che sarebbero rimasti altrimenti emarginati". La prima frase di questo capitolo ben ne riassume il contenuto, ricordando il ruolo che questo gruppo ha avuto nella discussione pubblica, spesso anticipando la proposizione di temi modernizzatori.
Chi scrive, nella sua modestia, ha anticipato questa analisi in un intervento che il Messaggero Veneto pubblicò con una certa evidenza due giorni prima delle elezioni del 2001 e che è riportato qui.
Il capitolo ricorda inoltre il ruolo della strategia referendaria (qui potrei citare la mia tesi di laurea, ma non è il caso).
Processo al regime.
I radicali si sono sempre proposti come forza alternativa al regime, al blocco di potere oligarchico-camorristico, alle "due cosche dei corleonesi e dei palermitani", alla gestione consociativa del potere, alla partitocrazia dipinta con formule sempre nuove e sempre vivide.
Pannella partiva da una interpretazione della storia d'Italia contrapposta alle tesi "culturaliste" sull'origine dei mali del nostro Paese (ad esempio quelle che evidenziano il ruolo del "familismo amorale"), proponendo come cura a quei mali la fiducia nella capacità degli italiani, se adeguatamente informati e stimolati, di sconfiggere il regime.
In questa ottica è normale comprendere come strategica è stata la battaglia per la libertà e completezza dell'informazione.
Si può chiosare come la carica antisistema sia fondamentalmente diversa da quella degli attuali movimenti "antipolitici", non solo per il chiaro riferimento al modello della democrazia liberale, ma anche perchè la lotta contro la partitocrazia era vissuta come tentativo di cambiarla pretendendo dal regime l'applicazione delle proprie regole per ripristinarle, e non per superarle a favore della "popolocrazia".
Disorganizzazione scientifica
La contraddizione fra il rispetto quasi sacro per le regole delle istituzioni e la disinvoltura nelle procedure interne, oltre che nella gestione della dinamiche del movimento, non è nascosta da Galli, che evoca anche la nota cupio dissolvi, non senza osservar che il mancato sviluppo organizzativo con la conseguente fuga di classe dirigente non ha solo comportato l'estrema personalizzazione del partito intorno alla leadership ed il riprodursi di conflittualità interna, ma ha anche impedito a molte delle sue campagne di trasformarsi in istituzioni.
Carisma: tra profezia e narcisismo.
In cui Galli si sofferma sul ruolo della parola e sulle capacità istrioniche e comunicative di Pannella.
Quali eredità.
Galli si chiede giustamente quale eredità abbia lasciato "un cinquantennio di incessante attività costellata di iniziative dal forte impatto emotivo, vittorie legislative dall'alto valore simbolico, e una continua opera di divulgazione delle sue idee attraverso strumenti e invenzioni comunicative originali".
L'eredità ideale è quella di una corrente minoritaria (sintetizzando, quella del "socialismo liberale", la cui ricchezza non appare esaurita.
L'eredità legislativa, è quella di riforme che rappresentano un patrimonio indiscutibile del Paese.
L'eredità delle pratiche è quella di modalità di azione politica inventate o importate per proporre iniziative politiche ed idee.
L'eredità della teoria politica si incentra sulla valorizzazione delle procedure per la selezione al centro del dibattito politico, oltre che sull'importanza del principio di legalità, del funzionamento della giustizia, la riflessione sulle modalità di finanziamento della politica, la riflessione antiproibizioniste.
L'eredità delle proposte politiche, anche di quelle perdenti, è evidente nelle battaglie di grande respiro quali quelle trasnazionali, come in altre meno note.
L'eredità degli errori è legata soprattutto alla scelta di rafforzare, nella gestione del movimento, le dinamiche legate al carisma rispetto a quelle organizzative.
L'eredità civile è quella della vicinanza agli ultimi, agli emarginati, ai capri espiatori, a coloro che hanno sbagliato: "Se vogliamo che la convivenza sia possibile in società sempre più multietniche, dove i pericoli di anestetizzazione emotiva di fronte all'altro e al diverso crescono al diminuire dei rapporti faccia a faccia e alla crescente pervasività dei media digitali, dove i meccanismi di espulsione di chi non riesce a integrarsi nel sistema rischiano di divenire sempre più potenti e invisibili, la lezione di empatia nei confronti delle vittime, di strenua difesa del diritto della reputazione individuale e di una giustizia giusta, il richiamo alla tradizione giudaico-cristiana del non giudicare, possono tornare utili per salvare la convivenza civile e la stessa possibilità di sopravvivenza della politica come arte del dialogo".
Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole
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