martedì 24 dicembre 2024

A questo punto

Che settimana.

Qualche giorno fa ho dovuto prendere una decisione difficile. Credo di aver fatto la cosa giusta, ero preparato a scegliere, ho scelto la mia vita. La settimana prossima inizio un nuovo lavoro, un nuovo ruolo atteso così tanto. Oggi compio 50 anni, momento inevitabile di considerazioni, di bilanci.

Il primo ordine di considerazioni mi porta a riconoscere di essere stato, tutto sommato, fortunato. Ho avuto sinora ottima salute, contro ogni aspettativa di chi avesse guardato ad un regime alimentare discutibile. Mi sono ritrovato prerogative intellettuali (tra cui spicca una memoria fuori dal comune) sufficienti per quello che dovevo fare, ed un carattere che alla prova dei fatti mi ha aiutato, nella capacità che non molti conoscono (o mi ri-conoscono) di accettare con il giusto distacco le cose belle e le cose brutte. 

Soprattutto sono stato messo nelle condizioni di fare quello che volevo e potevo. I miei genitori mi hanno dato tutto quello che mi serviva, in termini materiali e non. Quando ho avuto una famiglia, mia moglie si è assunta gran parte del lavoro in casa. I miei suoceri mi hanno accolto nella loro famiglia, fornendo alla mia un grande aiuto.

Quello che ho fatto, quello che è stato e che non è stato, dipende quindi esclusivamente da me.

Com'è andata? Questo genere di giudizi dipende dai parametri, come la delusione e la soddisfazione sono una funzione tra aspettative e risultati. La maggior parte delle persone tiene conto dei beni materiali, della posizione sociale o lavorativa. Sono cose importanti, parametri oggettivi che io rispetto. 

Senza nulla togliere ho maggiormente dato peso, nella mia vita, alle emozioni e alle relazioni. Ho coltivato varie passioni, le stesse che Margherita aveva ben disegnato (aggiungendo la musica a quelle che avrei indicato io), che mi hanno dato molto. Il piacere di leggere una pagina di Borges o di Sciascia, la vera bellezza contemplata dalla cima di una montagna, la gioia di esultare per un goal in curva nord. Ho conosciuto molte persone di valore che mi hanno gratificato della loro amicizia, persone che magari non sento da anni, ma grazie alle quali ho provato l'impagabile e impareggiabile soddisfazione di sentirmi una persona stimata.

Per me è abbastanza, non ho molto alto da chiedere per me. Certo conto di leggere parecchi altri libri, almeno quelli della lista che avevo preparato per quest'anno, di scalare molte altre montagne, e magari di finire il giro d'Italia degli stadi con Riccardo. 

In realtà quello che mi resta veramente da fare riguarda i miei figli. Io li osservo, spesso con la presunzione di capire cosa pensano, ogni tanto li rimbrotto, spero che capiscano che è perchè imparino. Si impara dallo studio (ahi), dall'esempio e dagli errori, e quindi se posso faccio notare questi ultimi. 

Vedo in loro e nei loro amici dei bravi ragazzi di cui la mia generazione ingenerosamente si lamenta, non capendo che dei loro mali siamo noi i responsabili. E' ora che ci diano un bel calcio nel sedere.

Certo ragazzi, senza farla troppo lunga, due cose le devo dire.

La prima è che le cose belle non capitano da sole, bisogna andarsele a prendere, prepararsi e fare fatica. Se voglio andare su una cima la scelgo giorni prima studiando il percorso adatto alle mie forze; guardo il tempo, preparo lo zaino e i panini; prendo la cartina e il k-way, perchè potrebbe piovere. Parto per tempo e poi, per arrivare su, faccio tutta la fatica necessaria.

La seconda è che nella vita ci si può limitare a soddisfare i bisogni materiali, che nei casi sfortunati sono avere qualcosa da mangiare e l'affitto pagato, in quelli buoni l'I-phone nuovo e la casa al mare. Ma ci sono anche delle persone che oltre a questo studiano, leggono, cercano di capire come funziona la vita, il mondo, i rapporti tra le persone e di migliorare, se si può questi aspetti. Per fare questo bisogna leggere qualche libro, guardare dei film o ascoltare persone che hanno la capacità di alzare lo sguardo e di astrarsi dal quotidiano del reale (e ancor più dal virtuale). A mio avviso è meglio appartenere a questa minoranza di persone.

Ora basta. I figli miei spero che trovino la loro strada, quel che mi resta da fare è aiutarli in questo. E la devono scegliere loro. Io so che sono e saranno delle brave persone, e questo è l'orgoglio della mia vita.

domenica 15 dicembre 2024

Noi vogliamo gente che...

quando perde è incazzata.

Basta conferenze stampa postpartita in cui "non sono queste le partite in cui dobbiamo fare punti".

Se con le prime 7-8 le perdiamo tutte allora non si deve andare a perdere in casa del Venezia.

Quando cavolo lo ribaltiamo un pronostico?

Questi vanno a giocare da veri professionisti, offrono la loro prestazione di 90 minuti e se ne tornano a casa contenti. Obbligazione di mezzi. In verità non gliene frega niente di vincere, ma solo di rispettare il contratto e di mettersi in mostra per guadagnarne uno migliore.

Non sono tutti così. Gente come Conte e Gattuso quando perdono sono sicuro che non dormono due notti. 

I nostri invece, assecondati dalla mancanza di ambizione che respirano dalla società, si adeguano sempre verso il basso... e abbiamo visto a Frosinone quanto può costare.

Non è uno spettacolo, è sport, competizione, bisogna provare a vincere.

Noi vogliamo vincere. E loro? 

sabato 7 dicembre 2024

Lo stato sono loro

A margine della condanna di Turetta minore attenzione è stata riservata, comprensibilmente, al capo della sentenza nel quale veniva condannato a ingenti somme per risarcire le persone offese. 

Ne ha ricevuta da un professore di diritto penale che, intervistato dal Corriere in merito alla probabile insolvenza di un venticinquenne condannato all'ergastolo, ha indicato de iure condendo la necessità che lo stato si faccia carico di questo debito.

In pratica lo stato dovrebbe risarcire i danni provocati dagli autori di fatti illeciti che siano insolventi.

Meritorio dal punto di vista dei danneggiati, questo punto di vista è a mio avviso indice di atteggiamento molto diffuso che, nel fare appello al concorso della spesa pubblica rispetto a questa o quella meritevole esigenza, dimentica che la stessa è finanziata da tutti noi.

Quando pensiamo ad una agevolazione fiscale, ad un contributo pubblico, a dei bonus o a delle opere pubbliche, automaticamente ci immedesimiamo nella condizione dei potenziali fruitori, mai in quella (statisticamente ben più frequente, ad occhio) dei finanziatori, quali siamo (almeno nella misura in cui paghiamo le tasse, e qui il "tutti" di poco sopra...)

Lo stato ci va bene quando è mucca da mungere, meno quando ci presenta il conto. Ho già ricordato le parole di Facci: Ora come allora, nessuno si indigna per gli evasori fiscali, a meno che non siano di ricchezza esuberante e perciò soggetti a invidia sociale. Nessuno associa gli evasori a un danno anche per se stesso, Nessuno pensa che un sacco di gente fruisce di servizi che non ha contribuito a pagare. nessuno collega l'evasione al debito pubblico che durante la "rivoluzione" fu messo in conto ai soli partiti. Nessuno soprattutto, si illude che gli evasori abbiano una connotazione politica. Il discorso non è quello dei nullatenenti con lo yacht, o del popolo che paga in nero - si è scoperto- anche le bare. In Italia persiste una mentalità pre-civile che vede in ogni tassazione quel genere di prevaricazione indebita che per secoli appartenne al gabelliere straniero, come se fossimo ancor nel 1860 e tuttora reduci dalle occupazioni di arabi, austriaci, francesi o spagnoli.

Lo stato deve fare questo, deve fare quello... pagano "loro".